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Utopia-Thinking the future

UTOPIA Thinking the future. Come si realizza un sogno.

Utopia è una città, Utopia è un sogno, una storia...

Utopia nasce per essere tutto e per dare a tutti la possibilità di dire com'è, com'è nata e come sarà


Il 28 novembre 2020 è stato un giorno che ha visto al contempo la fine e l'inizio di qualcosa. Nato come evento di chiusura del progetto Youth Lab, reso possibile attraverso il supporto del Cesvot, la mattinata di lavoro organizzata dalle associazioni e cooperative che compongono la Rete Ergo doveva essere un semplice tavolo di confronto, ma per chi sogna, per chi si immagina che anche con una sola mattina di lavoro si possa in qualche modo cambiare il mondo non era possibile limitarsi a questo. In questo breve articolo voglio raccontare come è stato possibile dar voce a un'idea e pensare al futuro in maniera diversa.

Ribaltare. Questa è stata la parola d'ordine. Le persone si aspettano di partecipare come astanti alle manifestazioni, alle formazioni, agli webinar, alle live di Facebook: no, non erano loro quelli che volevamo. Ci immaginavamo persone pronte a tutto, persone che noi avremmo voluto vedere sedute attorno ad un tavolo a parlare, a sognare, a raccontarsi e a svelare i segreti del loro piccolo mondo. Allora abbiamo iniziato a stilare una lista di chi avremmo voluto con noi quella mattina, ma non a caso, bensì pensando a persone, amici, colleghi portator* di una qualche capacità, di una particolare competenza.

Ma facciamo un passo in dietro... Prima di parlare del contenuto, parliamo dei contenitori.

Dar voce ai giovani, o meglio a quella fascia d'età che si trova in una zona liminale della definizione di giovane. Troppo grandi per pensare come ragazzi, troppo curiosi per sentirsi adulti arrivati. Abbiamo scelto di dare voce a coloro che normalmente sono fruitori di cose organizzate da altri.

Preso atto di chi sarebbero stati i protagonisti dell'avventura abbiamo pensato ai contenitori: non volevamo esperti ingessati a parlare o a propinare verità assolute, così ci siamo guardati attorno e dentro capendo che ognuno di noi è portatore di una conoscenza, o quantomeno promotore di una passione. Ognuna di quelle singole passioni, in qualche modo, si affacciava sul mondo e descriveva la voglia di vedere ciò che sta fuori da noi in un altro modo.

Ecco fatto...

Si è capito che UTOPIA avrebbe parlato di sé attraverso l'arte, il gioco di ruolo, l'ambiente e la sostenibilità e il life design. Quattro micromondi, lenti attraverso cui analizzare la realtà e su cui costruire un futuro possibile. Ci siamo confrontati su chi avremmo voluto con noi in questo viaggio. Giovani uomini e donne dalle storie, professioni e vocazioni tra le più differenti, chiamati senza che fosse loro rivelato cosa sarebbe accaduto, ma consapevoli che erano stati scelti perché in possesso di particolari skills.

Composta la ciurma, abbiamo scelto la rotta...

Qui sta l’energia e il desiderio di sognare nonostante tutti i limiti e le difficoltà del momento. Coinvolgere 50 persone durante una mattina di sabato e tenerle attaccate a uno schermo per quasi quattro ore ha dimostrato che l’utopia è più vera se sostenuta a più mani. Lo so, ci sono numeri più alti, incontri affollati di persone silenziose. A UTOPIA non è stato così, in tempi e modi diversi tutti hanno preso parola pensandosi all'interno del microcosmo tematico su cui erano stati chiamati ad intervenire ma anche ascoltando e interagendo con le persone degli altri contenitori tematici durante i momenti di plenaria, forse poco consapevoli che le loro parole avrebbero avuto eco e sarebbero state portatrici di nuove possibilità, di confronto e chi sa, magari anche di un fare diverso.

UTOPIA è stato uno scrigno temporaneo di sogni. Una zona franca dove persone che arrivavano da contesti e luoghi diversi si sono incontrate, in una sorta di appuntamento al buio, dove si sono scoperte e hanno compreso il valore di poter esprimere e scambiare pensieri, parole e sogni e la possibilità di cambiare le cose rispetto a come sono di norma imposte/impostate da altri.

Ogni piccolo gruppo ha lavorato cercando di dar forma a un personaggio, di raccontarne la storia di costruire il paladino che ha portato UTOPIA a diventare una realtà, distopica, post-apocalittica: non importa quale sia stata la forma che ha assunto alla fine, ma sicuramente ha lasciato nelle persone che hanno partecipato, per quelle poche e fugaci ore, la voglia di continuare.

Continuare a sognare e a tracciare una rotta per un mondo (migliore) possibile.

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